Ex voto – 27 Aprile 1945 – giorno della Liberazione di Saluzzo

A chi passa a fianco di questo angolo del cimitero vogliamo ricordare, attraverso le parole di uno dei protagonisti (“Marino” Mario Casavecchia), un fatto poco conosciuto accaduto proprio in questo luogo il 27 aprile del ’45 giorno della Liberazione di Saluzzo, perché lo si conosca e non venga dimenticato.

Come leggerete si tratta di un gesto particolarmente significativo compiuto da un comandante partigiano garibaldino che aveva vissuto la tragedia della guerra, visto bruciare le case, seviziare e morire in modo atroce per mano dei tedeschi molti civili e molti suoi amici e compagni oltre che il suo stesso fratello Ernesto ucciso per mano dei fascisti della Monterosa a Valmala, con il suo gesto egli riconosce in quello che gli si è appena arreso, non più un suo “nemico” ma solo un “uomo” che come tale lui vuole salvare e lo salva a rischio della propria vita guardando già oltre la guerra a quel nuovo mondo di libertà, di giustizia e di pace, per cui i resistenti avevano combattuto per venti mesi e che adesso volevano iniziare a costruire.

Infine, ma non per ultimo, c’è anche l’aspetto che nessuno sa o ricorda, e cioè come in questo modo sia stato evitato il minacciato cannoneggiamento sulla nostra città con le immaginabili conseguenze sulla popolazione civile e sul suo complesso storico e architettonico che è una parte essenziale delle nostre radici.

Da “Partigiani in Val Varaita” di “Marino” Mario Casavecchia

"Il giorno seguente (27 aprile 1945 n.d.r.) sono a Saluzzo, dato che le divisioni tedesche provenienti dalla Liguria hanno chiesto, tramite un sacerdote, la restituzione di una piccola loro colonna formata anche da autoambulanze da noi catturata. Vogliono particolarmente la consegna del comandante della colonna che si è diretto appositamente verso Saluzzo per arrendersi ai partigiani portando anche altri suoi commilitoni nelle nostre mani.

Siamo costretti ad andare a parlamentare con i tedeschi sulla strada che da Saluzzo porta a Pinerolo. Sono presente quale rappresentante dei garibaldini con due comandanti G.L.. Siamo ad una distanza di poco più di cento metri dalla cittadina. Il comandante tedesco, un colonnello, aveva alle sue spalle ad una certa distanza alcuni carri armati, mentre dietro a noi esistevano tre partigiani con un mitragliatore e un bazooka.

Ci intima la consegna dei loro militari, ma essenzialmente del comandante l’autocolonna, altrimenti, dice, procederanno con i loro cannoni a sparare sulla città. Non possiamo fronteggiarli certamente in una battaglia campale in pianura viste le loro armi, e mettere in pericolo gli abitanti di Saluzzo, e cerchiamo di tergiversare, arrivando alla conclusione che noi avremmo consegnato il tedesco che interessava loro di più, e subito dopo essi si sarebbero ritirati. Dico che, se avessero sparato su Saluzzo, noi li avremmo attaccati con tutte le nostre divisioni.

Bluffai dicendo “divisioni” per intimorirli approfittando del fatto che, essendo in ritirata dalla Liguria, erano diretti certamente verso il Brennero, perché sapevano che la loro guerra in Italia era ormai persa. Mi incaricai personalmente di andare a prendere in Saluzzo il tedesco che volevano, ma per dare maggior rilievo all’esistenza delle nostre divisioni avverto il colonnello tedesco che la decisione ultima spetta non a noi ma al nostro comando Raggruppamento di Divisione e che andrò a riferire subito ad esso il nostro accordo; però non vedendomi di ritorno entro le 17 con il loro commilitone, dovranno considerare la risposta come negativa.

Speravo così si ritirassero senza attendere sino all’ora stabilita per timore di un nostro attacco di sorpresa.

Spiegai al tedesco consegnatosi a noi la mia intenzione e mi comprese bene, in quanto sapeva un po’ di italiano.

Non volevo consegnarlo, ma cercare invece di convincere il colonnello tedesco della nostra intenzione di farlo veramente. Mandai un borghese in una strada laterale, ad una distanza inferiore ai cento metri dal punto ove erano i parlamentari tedeschi in attesa, e che quindi potevano vedere, con il compito di lasciare la sua bicicletta contro il muro della prima casa che costeggiava la stradina, (mentre verso i tedeschi vi erano solo prati) e di entrare nella prima porta o portone per non farsi più vedere fino a quando tutto fosse finito.

Aspettai un bel po’ assieme al tedesco in Saluzzo, perché il colonnello non sospettasse nulla sulla messa in scena della bicicletta, tanto che mi fu inviata una staffetta per sollecitarmi, e constatato che il colonnello e la sua colonna non si era ritirata, misi in opera il mio piano. Nemmeno i due comandanti G.L. sapevano che volevo fare una farsa, dato che davanti ai tedeschi non avevo potuto parlare con loro. Volevo salvare Saluzzo, ma anche il tedesco fuggito che certamente, se fosse ritornato da loro, sarebbe stato fucilato.

Arrivai al bivio delle strade con il tedesco davanti e con il mitra puntato verso di lui. Arrivato all’angolo dell’ultima casa, al mio segnale verbale, come da intesa fra noi, si mise a correre, ed io dietro gridavo forte alt.

Inforcò la bicicletta e subito dopo sparai raffiche sopra la sua testa per non colpirlo. Svoltò alla fine dell’isolato in una stradina fuori del mio tiro e dalla visibilità della colonna tedesca, che non ebbe reazione anche, forse, perché se mi avessero colpito avrebbero compromesso la loro richiesta. Il colonnello e il suo seguito indietreggiarono verso la colonna corazzata e si ritirarono. Successivamente dai nazisti non avemmo più attacchi, ed è veramente per noi finita la guerra e venuta la tanto sospirata liberazione, almeno per la 181a Brigata Garibaldi, le due Brigate G.L. e i Matteotti."

A Saluzzo e nelle nostre valli quel 27 aprile la guerra era finalmente finita ma per i tedeschi essa si concluderà, dopo ancora una inutile ulteriore tragica e rabbiosa scia di sangue, solo il 2 maggio con la resa incondizionata di tutte le truppe tedesche e fasciste dipendenti dal loro comando, firmata a Biella dal Capo di Stato Maggiore del LXXV Corpo d'Armata, Colonnello Faulmuller per conto del Generale delle Truppe Alpine Schlemmer, davanti al Capitano Amoore rappresentante della Missione Militare Inglese, del Colonnello americano BREIT, dei rappresentanti dei Partigiani di Aosta, Biella e Ivrea, dell’ing. Borello del CLN di Ivrea, del Capitano Monti per il Comando Militare piazza di Ivrea, di Walter Commissario per la zona biellese e da “Timo” Comandante militare del II° settore, un “artigiano” che aveva scelto di imbracciare le armi e combattere per la Liberazione.

Ultimo aggiornamento: 24/04/2025